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Al via ieri 1 agosto, nella splendida cornice di Piazza Cattedrale in Bitonto, la 18esima edizione del Beat Onto Jazz Fest, una kermesse di grande musica che nel corso degli anni ha visto avvicendarsi sul palco alcuni dei più grandi nomi del panorama jazz nazionale ed internazionale, da Danilo Rea a Diane Schuur, da Peter Erskine a Paolo Fresu, e poi ancora Roberto Gatto, Pietro Condorelli, Renato Sellani, Robertinho De Paula, Mike Stern e tanti altri nomi prestigiosi che hanno abbellito ed arricchito di cultura la terra di Puglia, grazie alla passione del direttore artistico Emanuele Dimundo, che ha investito tempo ed energie per realizzare anno dopo anno una rassegna jazz degna di nota e assolutamente gratuita, per il pubblico, il che significa non solo appagare l’orecchio dell’appassionato, ma anche riuscire ad educare giovani e meno giovani all’ascolto della musica jazz, ad insegnare a conoscerla e ad apprezzarla, un po’ alla volta, allenando l’orecchio e il proprio gusto.

Accanto a lui, ad introdurre i concerti, nelle 4 serate di agosto, Alceste Ayroldi, critico musicale tra i più accreditati dalla stampa nazionale, docente, esperto di musica, promotore culturale di grande spessore, capace di raccontare gli artisti e di sottolineare le caratteristiche di spicco dei loro progetti, molti dei quali presentati durante la rassegna. Ieri, una prima serata tutta al femminile, due concerti con al centro le voci di Daniela Spalletta, che si è esibita nel primo set con gli Urban Fabula e a seguire Carmen Souza, in trio.

Due progetti musicali così diversi tra loro, ma entrambi variopinti; Due voci ricche di colore e di sfumature, ma anche di tecnica e di attitudini. Nel primo set la cantante, compositrice, arrangiatrice siciliana Daniela Spalletta, che con la voce sa fare meraviglie, con il suo stile contemporaneo che si veste di jazz conservando però una sua identità personale, senza mai cadere nel cliché; dotata di grande maturità espressiva, di capacità improvvisativa, oltre che di una ottima estensione. Il suo linguaggio musicale ed espressivo non è mai scontato, neanche nella realizzazione di standard o di pezzi noti, e nelle sue performance, veste l’arte del canto, con la padronanza dell’aspetto armonico di chi sa fin dove ci si può spingere e come fare. Perché lei con la voce sa sempre dove andare, canta le note, le incastona ad una ad una, passando dall’acuto del falsetto che è sempre cristallino, alle note gravi, scure, difficili da esibire ma che, nel suo caso, non perdono mai di intonazione.

Insieme a Daniela Spalletta ieri sera sul palco del Beat Onto Jazz Fest, gli Urban Fabula, un trio di giovani musicisti con Peppe Tringali alla batteria, Alberto Fidone al contrabbasso e il siciliano Sebi Burgio al pianoforte, giovane pianista di grande talento mai improvvisato, versatile, già pianista di Gegè Telesforo, capace di realizzare un pianismo fluido ed espressivo. Pezzi tratti dal suo lavoro discografico, D Birth, quelli che Daniela Spalletta ha presentato ieri sera, e dentro ci sono tutti i colori che la musica può concepire. “D Birth“, il primo pezzo che da il nome all’album, e poi ancora “Manipura“, e “Fuga“. Nei brani si sentono prorompenti le contaminazioni di stile e armonia di altri continenti, e la bravura della Spalletta sta proprio nel rendere quella contaminazione appagante e credibile. “Far Away” – pezzo del quale Daniela dice di essersi innamorata dopo averlo sentito nella versione di Astud Gilberto e Chet Baker – lo ripropone senza fronzoli, con il contrabbasso di Fidone in primo piano. Lo racconta e lo interpreta, la Spalletta, con quella punta di nostalgia che la sua voce sa far trasmigrare da se al pubblico, regalando brividi.

Bello il pezzo in Siciliano “Zara” – che in siciliano significa zagara tipico fiore profumatissimo – che suonato in maniera molto suggestiva pianoforte e voce, racconta di un amore che viene confessato con un bacio. E poi ancora “But not for me” di Gershwin, in una particolarissima versione in cui voce e piano dialogano, in botta e risposta, e nella performance traspare forte non solo la bravura dei componenti del gruppo, ma anche l’interplay e la conoscenza minuziosa che la Spalletta ha del mezzo vocale. Un primo set ricchissimo di musica ben suonata, di talento e di jazz, nella accezione in cui lo stile diventa il mezzo, e chi lo usa sa come farne meraviglie.

Nel secondo set, l’atmosfera travolgente della cantante portoghese, di origine capoverdiana, Carmen Souza che reca nella voce le sfumature della musica africana, brasiliana, cubana e di New Orleans. Un tripudio di ritmo, controtempo, in quella voce calda e capace di cantare rotondo, pieno, corposo. Canta e poi suona la chitarra e il pianoforte, Carmen Souza, e dialoga musicalmente con i suoi compagni di viaggio, Theo Pas’cal, suo mentore e produttore, uno dei migliori bassisti portoghesi, che ieri sera ha suonato contrabbasso e basso elettrico e che l’ha inserita nel mondo del jazz, che l’ha accompagnata nel viaggio in cui i dialetti musicali sono stati riscoperti e utilizzati per creare le atmosfere che ieri sera abbiamo ascoltato. Sul palco nel secondo set, uno strepitoso Elia Kacomanolis, alla batteria e percussioni.

Carmen Souza, che fonde perfettamente, con eleganza e raffinatezza i ritmi tradizionali africani e capoverdiani con Jazz contemporaneo e afro-latino. Il tutto accompagnato da una grande presenza scenica, una capacità di coinvolgere il pubblico con il quale dialoga, al quale chiede la collaborazione emotiva, che arriva, puntuale, e travolgente. Lei, che si è ispirata a Ella Fitzgerald, ha saputo passare da brani originali scritti con Pas’cal, tratti dal suo lavoro discografico Creology – sintesi creola di tutto il soul del mondo – fino a pezzi noti, come “Mas Que Nada“, “Moonlight Serenate“, ovviamente vestiti con abiti nuovi, accattivanti.

I musicisti non solo hanno suonato con lei e per lei, ma sono anche stati eccellenti coristi, creando l’atmosfera giusta, segno della musica africana e sudamericana. La musica di Carmen è limpida, è aperta e dentro ci finisci perché non ne puoi fare a meno. Lei ti incanta, ti ipnotizza, con quella sua capacità di perseverare sulle note, sugli accenti e sui controtempi, che poi sono il dettaglio prorompente del suo modo di fare musica. Ci sono innumerevoli suggestioni musicali nella sua perfomance, il Sound, il Soul, il Sole nella sua musica, e in quel Sorriso disarmante.

Serata di grande caratura artistica, quella di apertura del Beat Onto Jazz Fest, e si va avanti fino al 4 di agosto. 

di Simona Stammelluti