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D Birth segna l’esordio discografico di Daniela Spalletta, cantante e compositrice. Otto brani originali, due arrangiamenti particolari di altrettanti standard – Far Away e But not for me – e Blip Unforeseen Variation firmata a quattro mani con Max Ionata.

Il disco rappresenta un completo catalogo delle possibilità e delle intenzioni della leader. Nelle diverse tracce, infatti, la ascoltiamo alle prese con il canto, con lo scat, con il vocalese, con la voce utilizzata come strumento; incontriamo interpretazioni in inglese e in siciliano; assistiamo a una disposizione ampia e variegata di influenze, dal Mediterraneo della natia Sicilia al bop, dalla rivisitazione acustica del periodo fusion alle escursioni nel mondo della canzone.
Il titolo del lavoro gioca con il nome di battesimo e la nascita – questo è, in inglese, il significato della parola “birth” – intesa come esordio discografico. Per compiere questo passo importante nella sua carriera, Daniela Spalletta si “affida” ad una formazione consolidata nel tempo e attenta, sin dal nome, ad una gestione collettiva della musica: Urban Fabula – vale a dire il trio composto da Sebi Burgio al pianoforte, Alberto Fidone al contrabbasso e Peppe Tringali alla batteria – già incontrato nell’omonimo Urban Fabula, presenti come ritmica in molte registrazioni e spesso “raggiunti” in concerto da solisti e quindi avvezzi ad inserire nel proprio dialogo altre voci. L’innesto, poi, di Max Ionata ai sassofoni e dell’Hermes String Quartet aggiunge ulteriori sfumature al disegno della compositrice. Un disegno completamente acustico – anche quando riprende suggestioni che hanno avuto manifestazioni elettriche – per spaziare in direzioni davvero distanti tra loro. Il tutto viene condotto con una prospettiva chiara, capace di unire proprietà di linguaggio e freschezza, capace di sondare strade particolari se non nuove, capace di cambiare scenario con una logica complessiva. La dimensione acustica e l’interplay già maturo del trio è una grande risorsa in questo senso: la riduzione a fattore comune tra i vari contesti, tra le possibilità offerte dalle composizioni, è tanto nel suono acustico, quanto nella necessità di dover interpretare con una formazione ben stabilita le specifiche di ogni brano. La compattezza del suono del piano trio, arricchito in cinque tracce dalla presenza degli ospiti, rende possibile alla compositrice l’equilibrio tra varietà e coerenza, rende possibile i passaggi, li rende meno spigolosi e più efficaci.
Come nota Maurizio Franco nelle parole che accompagnano D Birth, Spalletta evita le linearità per andare alla ricerca di un tessuto espressivo e drammatico nell’interpretazione dei brani. Come dicevamo anche sopra, la ricerca di possibilità meno scontate, utili per abbracciare registri differenti e necessità particolari, non si spinge mai a diventare l’ossessione per la scelta rivoluzionaria a tutti i costi. La chiave vera è che, nei sessantadue minuti del lavoro, la parte razionale e il lato emotivo, la cantante e la compositrice, la tradizione e lo sguardo al presente, trovano una sintesi e una possibile coesistenza, i poli opposti e i “binomi” convivono senza prevalere l’uno sull’altro e offrono, anzi, con la sponda reciproca soluzioni allo scorrere del disco.

di Fabio Ciminiera